L’Agenzia delle Entrate ha affrontato il tema dello staking nel mondo delle criptovalute.
Ad oggi la normativa riguardante il mondo crypto è ancora lacunosa, occorre quindi rifarsi alle leggi in vigore preesistenti alle criptovalute e agli interpelli dell’Agenzia delle Entrate che danno interpretazioni e linee guida.
Che cos’è lo staking?
È un’attività di deposito di criptovalute in cambio di interesse.
Si effettua su un conto vincolato presso un intermediario specializzato attraverso il deposito di un token rappresentativo della valuta virtuale.
Cosa dice il fisco
La posizione del fisco riguardo l’attività di staking è quella dell’impiego di capitale, quindi il reddito che ne deriva è quello di capitale.
Come viene tassato il reddito di capitale
L’imposta che si applica al reddito di capitale è l’imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza generata dall’investimento.
Quando non si versa l’imposta sostitutiva del 26%
- Per generare una plusvalenza tassabile bisogna che ci sia un cash-out, ovvero un prelievo di criptovaluta.
- In assenza di prelievo non si genera alcuna plusvalenza, la semplice fluttuazione di valore non genera reddito
- In assenza di plusvalenza e con un portafoglio inferiore a 51.645,69 euro non si pagano imposte
- Perché 51.645,69? La normativa in vigore fa riferimento a 100 milioni di lire ovvero 51.645,69 euro
Nota: così come le plusvalenze sono potenzialmente tassabili in determinate situazioni anche le minusvalenze sono deducibili.
Ipotizza di avere €10.000 di plusvalenza tassabile ma hai avuto una precedente minusvalenza di €8.000: la quota tassabile al 26 per cento è €2.000.
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